In un paese che sembra molto lontano ma che si trova in un angolo della grande e bella Italia, lì dove ci sono più fichidindia che uomini, viveva una piccola comunità di milletrecentotrentatrè anime.
Il paese non era un granché: tutte le case erano raggruppate attorno alla chiesa madre che si ergeva davanti ad un’ampia piazza dove la gente si ritrovava nel pomeriggio a chiacchierare e a raccontarsi i pochi fatti avvenuti nel corso della giornata. La popolazione era in maggioranza formata da vecchi pensionati che avevano passato la loro vita a lavorare nelle fabbriche del nord, pochi erano giovani prevalentemente agricoltori e muratori e i bambini erano solamente centotrentatrè, le casalinghe molto più della metà.
In piazza si trovavano molte attività commerciali: c’erano: un barbiere, un piccolo supermercato, il pronto soccorso, il macellaio, la farmacia, l’ambulatorio medico, un fruttivendolo e il panificio di Don Alfredo, l’unico del paese. Nel suo laboratorio si preparavano il pane e i dolciumi più buoni di tutti i paesi vicini, i cui abitanti, infatti, si rifornivano giornalmente da lui. Don Alfredo aveva un aiutante: Rosario, un ragazzone forte e molto atletico: un gran lavoratore. Si alzava di buon mattino alle cinque e già alle sei era al lavoro. Apriva il panificio, accendeva il forno, metteva nel macchinario farina, acqua e sale e quando il tutto era pronto aggiungeva il lievito di birra e attendeva la lievitazione. Preparava infine le varie forme di pane: panini, filoni, mafalde, rosette, parigini, pagnotte, ecc., non faceva mancare una manciata di sesamo e subito dopo infornava il frutto del suo sudatissimo lavoro. Intanto arrivava Don Alfredo, il suo principale, che apriva il panificio al pubblico. Un profumo di calde bontà si diffondeva per tutto il paese e l’appetito non mancava mai alla popolazione cittadina. Appena il pane era ben cotto, buona parte era subito venduto a tutti coloro che si recavano a comprarlo, il rimanente, secondo le ordinazioni, veniva messo nei sacchetti, caricato sulla bicicletta e consegnato da Rosario casa per casa, paese per paese. Correva, pedalando come un folle, ad una velocità incredibile pur inforcando una bicicletta molto pesante ed ingombrante. Grazie ai muscolacci delle gambe le salite nemmeno le vedeva: faceva un po’ di fatica, ma solo un po’. Non parliamo quando si trovava in pianura o in direzione del fondovalle!
Le identiche azioni le ripeteva a mezzogiorno, alle diciassette e alle venti di ogni santo giorno. La domenica mezza giornata.
Aveva una bellissima fidanzata: una ragazza molto bella, biondina, occhi chiari, longilinea, ben educata, di carattere buono e tranquillo, molto riservata. Era una coppia felice. La ragazza di brutto aveva solo il nome: si chiamava infatti Crocifissa Martoriata.
Il tempo passava e Rosario lavorava e pedalava sodo.
Un giorno di primavera per le vie del paese transitò un’autovettura che con un altoparlante informò la popolazione che da lì a qualche giorno sarebbe stato chiuso il traffico veicolare e pedonale perché dalla strada principale doveva passare il “Giro d’Italia”, la famosa gara ciclistica italiana; nessuno quindi avrebbe potuto utilizzare l’auto o attraversare anche a piedi il corso principale del paese dalle 16 alle 17 e trenta. Rosario fu incuriosito dall’avvenimento: a lui sarebbe piaciuto molto vedere i ciclisti sfilare velocemente con le loro maglie variopinte, le super bici da corsa, così belle ed aerodinamiche, guardare da vicino tutte le vetture delle varie squadre con le officine mobili, i motociclisti della polizia e tutto il magnifico mondo delle corse, un’emozione incredibile! Tuttavia il suo pensiero si concentrò sulla chiusura del traffico: come avrebbe potuto distribuire il pane se la riapertura era fissate per le 17 e trenta? A pensarci bene mezz’ora di ritardo non avrebbe compromesso la consegna: si sarebbe accodato al Giro e iniziato la distribuzione dai paesi vicini.
E venne il famoso giorno. Alle 16 in punto i vigili transennarono il corso principale impedendone a chiunque l’attraversamento. Rosario pensò di posticipare di mezz’ora la preparazione del pane. Alle 17 e trenta in punto aveva caricato il pane nelle ceste della sua bici ma ….. di ciclisti e della carovana del Giro d’Italia neanche l’ombra ….. . Passò un altro quarto d’ora …. niente. Intanto il pane si stava freddando. Decise allora di partire lo stesso e di litigare, se fosse stato necessario, anche con i vigili: i paesani aspettavano il loro pane caldo ed esso doveva essere consegnato tale! Tolse il cavalletto alla bici, si mise a cavallo e partì pedalando come sempre. Superò una transenna e si immise sul corso proprio mentre sopraggiungeva la carovana del Giro. Si trovò in mezzo ai ciclisti e si intrufolò tra di essi pedalando a tutto gas: i suoi garretti gli davano una spinta incredibile. Subito sentì una sirena e una motocicletta che gli camminava dietro. Si girò e vide che l’uomo che la guidava gesticolando lo invitava a fermarsi. <
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